San Francesco del Prato

San Francesco del Prato

Nella seconda decade del 1200 giunsero a Parma “uomini penitenti oriundi di Assisi”: erano i Frati di San Francesco, successivamente chiamati Francescani. Una volta insediati in città, venne a loro concessa una vasta area adibita inizialmente a prato (da cui poi San Francesco del Prato), probabilmente localizzata nei pressi di una chiesetta dedicata a Santa Maria. Così, attorno all’anno 1240, iniziò la costruzione dell’attuale chiesa che, lunga 73 metri, è di dimensioni superiori della Basilica Cattedrale di Parma. Nel 1521 fu eretto il campanile e a fianco la Cappella dell’Immacolata Concezione fu ampliata nell’attuale Oratorio rinascimentale.
Lo studio delle chiese dei frati francescani è sinonimo di studio dell’architettura gotica in Italia. Le grandi costruzioni come San Francesco del Prato sorgono assieme al crescere tumultuoso dei frati (si parla di 40.000 a metà del Duecento). Fedeli all’ideale della semplicità e della povertà, le chiese, pur maestose, non hanno abbellimenti.

Edificata con criteri di semplicità e povertà: lo Statuto di San Bonaventura

Gli Statuti del Capitolo Generale di Narbonne (1260) dettati da San Bonaventura stabiliscono i criteri che devono guidare le costruzioni delle chiese: non devono esserci volte se non sull’altare maggiore, poiché una decorazione troppo ricca e abbondante contraddice al principio di povertà; non devono esserci pitture, decorazioni architettoniche, vetrate dipinte e colonne con capitelli scolpiti. Viene concessa solo una vetrata dietro l’altare maggiore con l’immagine del Crocifisso, della Vergine o di San Francesco. Nel caso in cui fossero già state dipinte tavole preziose, i visitatori provinciali avrebbero dovuto farle togliere. Le chiese non devono avere turiboli, crocifissi, calici preziosi; il calice francescano deve essere molto semplice e non superare il peso di 2,5 marchi. La copertura della navata deve essere a capriate a vista, in legno.
San Francesco del Prato risponde ai canoni formalizzati da San Bonaventura: una navata centrale e due navate laterali, separate a otto colonne cilindriche, reggono ampi archi acuti che si raccordano al tetto con un muro esile ed elegante. L’arco trionfale interrompe l’orditura lignea della copertura per dare luogo alla volta, scandita da colonne esili che conferiscono dignità alla parte più sacra: il presbiterio. La facciata è arricchita da un grande rosone rotondo. Un portale centrale e due laterali (uno tamponato) davano l’accesso dall’esterno.

I Francescani a Parma

I francescani vivevano con passione le vicende delle comunità cittadine. Era loro caratteristica la predicazione nelle piazze. Gregorio IX nel 1227 conferma il diritto dei frati mendicanti a predicare a ricevere le confessioni. Legata al convento e alla chiesa di San Francesco è la figura e l’azione di San Bernardino da Feltre, uno dei grandi predicatori del 1400. Alla fine del secolo, a Parma diffuse il culto eucaristico fondando la Confraternita del SS.mo sacramento che portò alla erezione nella Cattedrale della grande ancona dell’abside. Un altro tema della sua predicazione era la lotta all’usura. Si deve a lui la nascita del Monte di Pietà, dove in cambio di un bene che veniva depositato si riceveva una somma da spendere.
Legato a San Francesco è pure una figura nota come Salimbene che visse alla metà del 1200. La sua Chronica, dove si trovano diversi riferimenti a san Francesco del Prato, è opera intelligente ed arguta, anche se di parte.
La grande fortuna dei francescani portò un crescente interesse della città e delle famiglie ricche verso la chiesa. Così via via nel Quattrocento, le pareti della chiesa, derogando alle severe prescrizioni dei primi tempi vennero ricoperte di affreschi, ora deturpati da un grossolano intonaco. Fra i pittori si annoverano Bartolino De’ Grossi e Iacopo Loschi. Qualora venissero recuperati questi affreschi, verrebbe arricchita la finora scarsa produzione quattrocentesca di Parma.

Da Chiesa a carcere

A una prima soppressione borbonica (“Regio Editto” del 1769) ed alla restituzione ai frati, seguì la soppressione napoleonica ottocentesca: le truppe militari francesi la occuparono, cacciando la comunità dei frati francescani. I muri di cinta vennero rialzati e trasformati in alti camminamenti con garitte di osservazione, la navata centrale fu utilizzata come laboratorio, mentre le navatelle centrali furono soppalcate per far posto alle celle e ai servizi di detenuti e guardie. Le grandi e maestose arcate gotiche furono chiuse e accecate da muri di tamponamento. Tutto l’interno fu trasformato in una struttura a U alla cui base si trovavano i servizi di portineria. L’altare maggiore, gli altari delle cappelle, il coro ligneo finemente intagliato furono distrutti. Tele e tavole dipinte furono disperse mentre gli affreschi furono ricoperti da intonaco grigiastro. Vennero tamponate le finestre trecentesche, distrutto il pronao e aperte nuove finestre sulla facciata, sulle navate laterali e sul campanile con doppie grate in ferro. Mentre la chiesa-carcere è stata dismessa negli anni 70, il complesso carcerario ha continuato ad essere attivo fino al 1993. Da allora la chiesa di San Francesco del Prato è rimasta chiusa e in stato di abbandono fino al 2018 quando, dopo la concessione alla Diocesi di Parma avvenuta il 16 febbraio dello stesso anno, è stato dato il via ai lavori di restauro.

Il recupero della chiesa e della sua vocazione francescana: un ponte tra liturgia e cultura

Un sogno della città, istituzioni e cittadini, per Parma capitale della cultura 2020 è quello di recuperare San Francesco del Prato. Nel nome di San Francesco, a questo desiderio si associano i tanti che condividono gli ideali di amore per la bellezza, per l’austerità e per la trascendenza che questa chiesa sa trasmettere.
Appena avuto in concessione dal Demanio il complesso di San Francesco del Prato, la Diocesi ha avviato l’iter progettuale. Il recupero di questo monumento sarà per l’uso liturgico, ma anche per manifestazioni musicali, culturali, accademiche e istituzionali. La presenza della comunità francescana, cui sarà affidata, garantirà la fedeltà al suo carisma, la sensibilità ai temi ambientali e della pace, unitamente ad attività sociali e caritative, come pure presenza e servizio tra i giovani nella vicina Università.

Curiosità

In anni recenti sono state avanzate interpretazioni e letture esoteriche – numeriche sulla genesi della chiesa di San Francesco di difficile comprensione. I numeri hanno offerto spesso spunti che suscitano più curiosità e domande. Il numero più spesso evocato – otto – trova una spiegazione simbolica già in Sant’Ambrogio (IV sec.): sarebbe il numero più adatto per guidare l’impianto di un battistero, numero non presente nel calendario, ma che apre verso il tempo eterno di Dio, la domenica senza tramonto. Riferimenti apocalittici sono del tutto comprensibili in quel torno di secolo: a Parma e in molte città comunali movimenti popolari si
ispiravano ai temi apocalittici (la povertà, la cura dei malati, la predicazione dei francescani, come a Parma Bernardino da Feltre). La bibliografia che trae da queste premesse interpretazioni di carattere esoterico, è piuttosto debole, non sembra spiegare le scelte costruttive adottate da maestranze e frati di quel tempo.

Il restauro

Una prima fase preparatoria dei lavori ha riguardato la valutazione strutturale, il degrado dell’immobile, i sondaggi geologici e si concluderà con la posa di un pavimento non definitivo, che comunque offra una base di appoggio omogenea per installare il cantiere. Una seconda fase riguarderà l’intervento di miglioramento sismico su tutta la Chiesa e la parte annessa per gli ambienti pastorali, di servizio e quelli conventuali per i frati. La terza fase affronterà il recupero e il restauro della Chiesa e dell’ex convento per renderli pienamente agibili e utilizzabili. Una quarta prevede il completamento del restauro degli affreschi e recupero funzionale del piano terra dell’ex carcere.

Gli esterni e la facciata

La facciata tornerà a filtrare la luce meridiana attraverso le monofore antiche. Le finestre carcerarie saranno chiuse, lasciando un’impronta muraria che ne mantenga una traccia leggibile, mentre saranno conservate le aperture quadrangolari delle pareti laterali, testimonianza severa e tacita della vita carceraria. In facciata, sarà riaperta la porta sulla navata sinistra, dotate di bussola le due porte laterali, procurato l’accesso dal piazzale con nuovo livellamento dell’area antistante.

Gli interni

Verranno tolti gli intonaci sovrapposti alle parti affrescate. Sarà recuperata l’evidenziazione in mattone rosso dell’anello degli archi. Il pavimento ripristinato sarà in cocciopesto di calce e polvere laterizia: una stesura simile nella consistenza materiale e nell’aspetto a quella reperita nei frammenti ancora presenti, una stesura povera come quella che ben si addice alle chiese francescane medievali.
I tecnici scelti per la redazione dei progetti sono rispettivamente l’arch. Giorgio Della Longa di Roma (che con il prof. Paolo Marconi aveva già preparato un preliminare nel 2001) e l’ing. Giovanni Cangi.
Il reperimento dei fondi per affrontare la spesa si affida alla generosità delle istituzioni, delle ditte, dei professionisti, ma anche dei tanti cittadini che hanno visitato e ammirato la Chiesa anche nelle recenti giornate FAI. Tuttora è aperta una raccolta fondi per finanziare il restauro della facciata, un ultimo sforzo che consentirà di restituire alla chiesa tutto il suo antico splendore.
Il restauro di San Francesco, bene di proprietà dello Stato, potrà godere dei vantaggi concessi con ART-BONUS, la legge dello Stato che ha introdotto un credito d’imposta in misura del 65% dell’erogazione eseguita per erogazioni liberali in denaro a sostegno della cultura. Possono usufruire di questa possibilità tanto i titolari di reddito d’impresa, quanto gli enti non commerciali e le persone fisiche (https://artbonus.gov.it/1666-san-francesco-del-prato-parma.html).
La designazione di Parma “Capitale della Cultura” per il 2020 ci si augura possa avere una delle sue migliori espressioni nel recupero di San Francesco del Prato. Se infatti è vero che “La cultura batte il tempo”, San Francesco del Prato (e San Francesco d’Assisi ben di più) ne è, anche oltre le nostre mura cittadine, uno dei migliori “testimonial”.

Le fasi del restauro

Fase 1: È relativa a tutte le indagini necessarie alla valutazione strutturale e materica del fabbricato mai fatta fino ad oggi, rilievi architettonici di dettaglio con Laser Scanner, sondaggi geologici e materici, incarichi per la fase di progettazione e studio dalle quali sono scaturiti i preventivi, attività di pulizia e messa in sicurezza del cantiere: terminati nel dicembre 2018 – gennaio 2019
Fase 2: Interventi strutturali di miglioramento sismico sul corpo centrale della chiesa: termine previsto estate 2019.
Fase 3: Recupero e restauro di chiesa ed ex convento per rendere gli stessi agibili e pubblicamente e stabilmente fruibili e conclusione degli interventi strutturali di miglioramento sismico: termine previsto dicembre 2020.
Fase 4: Restauro degli affreschi e recupero funzionale del piano terra ex carcere: termine previsto dicembre 2021

Dati dimensionali della chiesa

1. Lunghezza massima: 73 m
2. Larghezza massima: 29 m
3. Altezza in colmo: 23 m
4. Interasse tra le colonne: 13 m x 10 m
5. Superficie complessiva chiesa: circa 1900 m²
6. Superficie della facciata: 460 m²
7. Diametro del rosone: 3,26 m
8. Distribuzione interna: 3 navate, 3 absidi, 5 campate, 15 cappelle
9. Slide Ing. Cangi con dati sulle murature:

Contatti e approfondimenti

Per gli aspetti istituzionali e storico – artistici
• Don Alfredo Bianchi, vicario episcopale, Direttore Ufficio per i Beni Culturali ecclesiastici,
tel. 347.9247711
Per gli aspetti tecnici
• Arch. Giorgio della Longa, progettista, tel. 393.9181099;
• Ing. Giovanni Cangi, progettista strutture, tel. 349.2320720,
• Geom. Saverio Borrini, comitato tecnico diocesano 335.5961347
Per il “Comitato per San Francesco del Prato”
• Avv. Stefano Andreoli, tel. 348.3522558